Cosa rende il Salento un luogo così magico? Sarà la sua storia antica in cui emerge una mescolanza di popoli e dominazioni? Saranno le sue tradizioni al confine tra lo spirituale e l’esoterico? Forse la musica ipnotica della pizzica, i tramonti e le albe sul mare o la cucina tradizionale che coniuga le esigenze di risparmio degli avi con le pietanze base della dieta mediterranea?
Forse è tutto ciò insieme, è per questo che vogliamo regalarvi un collage di cartoline e scorci di questa terra, unendo paesaggi a tradizioni, luoghi a cibi e cultura a folclore, per un itinerario ideale alla scoperta della salentinità, che è un vero e proprio modo di essere. Salento Style!
Albe e tramonti sul mare
Nel Salento, esistono due diverse coste che si spartiscono questo spettacolo naturale, ma circa le albe, la prima in assoluto è quella di Otranto, sull’Adriatico. Dal faro di Punta Palascìa, che è il più a Oriente d’Italia, è possibile assistere al primo sorgere del sole che accarezza lo stivale. Di solito è tradizione del luogo osservarla a Capodanno, ma di fatto è possibile recarsi in qualsiasi momento dell’anno e in estate, quando non vi è la foschia invernale, sarà facile scorgere vicinissime le montagne dell’Albania. Per ciò che riguarda i tramonti, invece, potrete assistere al momento in cui il sole si dissolve tra le acque dello Ionio colorandole di rosso; Gallipoli o Porto Cesario sono i luoghi in cui ci si reca più spesso a questo scopo. Al contrario, se volete vedere la luna che spunta dalle acque per levarsi in cielo, è dall’altro versante che dovrete recarvi, magari a Torre dell’Orso, sotto lo sguardo vigile dei faraglioni chiamati “Le due sorelle”, o a Roca, dall’insenatura di Grotta della Poesia.
Il lago di bauxite
Un altro dei luoghi suggestivi e quasi irreali è il laghetto di bauxite, sempre nei pressi di Otranto. Dalla baia delle Orte è possibile seguire un percorso all’interno delle campagne, dov’è posta un’antica cava di bauxite che oggi è divenuta un piccolo lago artificiale. Con il rosso della terra attorno, ricca di quel minerale, e la vegetazione che la ricopre, in primavera assume un colore smeraldino che ha dell’incredibile. Il paesaggio è un misto tra quello dei canyon (qui in miniatura) e uno scenario marziano. Peccato che il lago non sia balneabile, ma è senza dubbio una meta affascinante e tra le più fotografate.
Le luminarie di Santa Domenica
Si tratta della festa patronale del paese di Scorrano, famoso proprio per la produzione delle luminarie, esportate in tutto il mondo. Questa celebrazione, che si tiene in pieno periodo estivo, rappresenta una vera e propria fiera o vetrina espositiva per i maestri artigiani che realizzano tale tipo di decorazioni; sono più ditte, infatti, a confluire nella piazza principale, decorando le varie strade e concorrendo a una vera e propria gara di ornamenti luminosi. Di anno in anno, inoltre, la tecnologia accompagna la tradizione ed ecco comparire forme e strutture innovative rispetto alle tipiche ad arco; un’altra novità sono le luminarie musicali e quelle con le sequenze sincronizzate al pc, in maniera tale da creare delle spettacolari danze di luci e colori.
Piazza Duomo a Lecce
Tra le perle del Barocco, la regina è piazza del Duomo a Lecce, con la cattedrale di Santa Maria dell’Assunta, il campanile, il seminario e il palazzo episcopale. Il piazzale è chiuso su tre lati e vi si accede da via Libertini, è quindi uno tra i rari esempi di piazza chiusa; l’ingresso monumentale è attorniato da edifici barocchi e ciò che accoglie il visitatore è la “finta facciata” del duomo. In realtà lo sfarzoso prospetto è solo un accesso laterale. Accanto, l’imponente campanile a cinque piani, realizzato dall’architetto Zimbalo; più sobrio è invece il prospetto principale della cattedrale, fronteggiato dall’Episcopio e dalla sua loggia, nonché dalla facciata decorata con un armonico bugnato.
La Basilica di Santa Caterina d’Alessandria e la chiesa di San Pietro e Paolo a Galatina
È qui che il mito della taranta ha il suo fulcro principale. La chiesa di San Pietro e Paolo è quella in cui, nella tradizione popolare, venivano portate le tarantate, cioè le donne che si riteneva fossero state morse da ragni o serpi, a causa di comportamenti irrequieti o eccessivamente mesti, assunti all’improvviso. Qui si tenevano dei riti molto simili all’esorcismo e di solito avvenivano il 29 giugno (giorno di San Pietro e Paolo); le donne vittime del morso nefasto venivano accerchiate da musicisti che suonavano delle melodie, le quali variavano a seconda del tipo di ragno che le aveva morse e danzavano sino allo sfinimento. A conclusione, la tarantata veniva portata nella cappella di San Paolo, all’interno della chiesa, dove il rito veniva completato con preghiere e la richiesta della grazia, dopo aver bevuto l’acqua miracolosa di un pozzo. Riguardo la basilica di santa Caterina, invece, il prospetto molto sobrio contrasta con l’interno ricco di affreschi, realizzati per volere della committente Maria d’Enghen da artisti di scuola giottesca e senese e da Francesco d’Arezzo. Attiguo alla chiesa il convento, con un chiostro quadrangolare anch’esso affrescato.
La pizzica salentina e la danza delle spade
Dal mito all’attrazione turistica il passo è breve ed ecco che quei riti si trasformano in danze popolari per strada e folclore, fatto di foulard, tamburelli, abiti svolazzanti e suoni ipnotici. Una delle tradizioni più antiche, meno turistica e con minori contaminazioni rispetto all’ormai nota “Notte della taranta”, è la notte di San Rocco, il 16 agosto, nel paesino di Torrepaduli, frazione del comune di Ruffano. Qui la pizzica si mescola con la scherma e con le tradizioni gitane e la danza rievoca dei veri e propri duelli in cui gli uomini solevano contendersi mercanzia e territorio. Nel tempo, venute meno le vere armi, i movimenti delle mani nella danza hanno cominciato a sostituire le lame, ma il “duello” ha mantenuto delle regole ben precise, che fanno parte di un codice di lotta.
La caratteristica della festa è il formarsi per strada di “ronde” spontanee, cioè gruppi che si sfidano a duello (nella danza) al suono di brani eseguiti dagli ormai leggendari Tamburellisti di Torrepaduli.
Li cunti e li culacchi
Erano i racconti che gli anziani tenevano in strada la sera. Nei tempi antichi, in cui la tv non esisteva ancora, erano i racconti dei vecchi del paese a farla da padroni; all’imbrunire ci si riuniva sull’uscio dell’abitazione, talvolta anche nei piazzali delle case a corte o nelle viuzze strette del centro storico. Le sedie in legno attorno ai nonni e il divertimento era assicurato, perché alcune di queste storie erano surreali e umoristiche, spesso al confine tra il reale e il romanzato (culacchi), mentre altre erano istruttive, come vere e proprie fiabe con la tipica morale conclusiva. Nei periodi più freddi, però, era attorno al camino che ci si riuniva per conoscere le appassionanti storie; alcuni di questi racconti, rigorosamente tramandati per via orale, sono stati raccolti e salvati dall’oblio. Oggi, la tradizione dei culacchi è ancora tenuta in vigore dalle notizie che gli anziani si scambiano nei vecchi bar di paese o nelle piazze, dinanzi a un caffè o durante una partita a briscola.
Li Pumi
Il pumo (pomo) è un classico manufatto salentino a forma di ghianda o pigna, costituito da una sfera o forma ovale, posta al centro di una decorazione di foglie. Sono solitamente in terracotta o in ceramica, quest’ultima spesso di colore bianco. Il nome pumo deriva dalla dea Pomona, nume tutelare dei frutti tondeggianti, ma anche dell’olivo e della vite; essi rappresentano la fertilità e l’abbondanza, per questo molti antichi palazzi ne sono provvisti come ornamento. Durante una vacanza in Salento, se acquisterete dei pumi per regalarli o tenerli come souvenir, il benessere e l’opulenza per voi e la persona che li riceverà in dono saranno assicurati.
Le sagre
La location ideale per degustare dell’ottimo street food salentino sono le sagre. Da fine maggio a fine ottobre, il calendario degli eventi locali si riempie di appuntamenti di questo tipo, ognuno dedicato a un diverso tipo di piatto della tradizione. Si va dalla sagra della patata (con i famosi “panzerotti”, la “pitta”, le frittelle, le patate “zuccarine” e così via) a quella della municeddha (lumache arrostite o cotte alla genovese con cipolla e vino bianco), quella della puccia (tipico pane salentino), della ‘mpilla (un pane non lievitato e impastato con le verdure), lu ranu (il grano) la purpetta (la polpetta), lu mieru (il vino) e varie altre fiere con protagonisti i prodotti tipici del posto. Tra un piatto e l’altro, serviti negli stand dai volontari del paese, abbondante vino o birra e musica… solitamente la popolare pizzica.
Pasticciotto o rustico?
Dolce o salato? Ancora street food e prodotti tipici, presenti in tutti i bar e le pasticcerie autoctone (in particolare nella parte del Salento leccese). Il pasticciotto è un gustoso dolce di pasta frolla ripieno di crema al limone cotta al forno, una vera prelibatezza che da qualche anno, grazie a un ingegnoso pasticcere del comune di Campi Salentina, potrete gustare anche nella versione Obama (ovviamente al cioccolato, sia l’impasto che la crema all’interno). Recente anche la variante del pasticciotto salato (con ripieno di formaggio o cipolle, funghi, prosciutto, eccetera) e nella versione vegana, per soddisfare tutti i palati e le scelte alimentari. Il rustico, invece, è un’irresistibile delizia costituita da due dischi di pasta sfoglia sovrapposti e uniti, ripieni di pomodoro, mozzarella, besciamella e un pizzico di pepe; se siete amanti dei gusti sapidi sarà impossibile resistervi, ne diverrete presto dipendenti.