LIBRI E TULIPANI

Abbandonare la propria città per inseguire un sogno? Si può ed è quello che ha fatto Marcello Nucciarelli lasciando Forlì per Amsterdam, inizialmente quale destinazione ideale di un semplice viaggio ristoratore, poi tramutata in meta fissa per oltre un anno.

“Dopo sei anni di lavoro ininterrotto come libraio, sarebbe ora di prendersi una vacanza”. Era questo, probabilmente, che frullava in mente a Marcello quell’agosto del 1992, quando dopo aver venduto la sua cartolibreria decise di prendere il treno per l’Olanda.
Quel Paese così colorato, pieno di vita, di possibilità e, perché no, di trasgressione, era quasi un luogo onirico per un ragazzo trentacinquenne sin troppo dedito alla professione; così, durante un viaggio lungo venti ore, iniziò a percorrere già con la mente la Grachtengordel, quella cintura di canali concentrici costeggiati da tipici edifici, un tempo appartenuti a famiglie benestanti del posto, e forse a inoltrarsi per i vicoletti medievali del De Wallen, il notissimo quartiere a luci rosse con i suoi sexy o coffee shop. Ma sì, in fondo era un giovane uomo che viaggiava in solitaria e in cerca di nuove esperienze.
Sceso alla stazione, era finalmente pronto a immergersi in quell’avventura così a lungo agognata e allora via lungo la Damrak, per giungere fino a Piazza Dam, famosa negli anni ’60 per essere meta degli hippy, con le bancarelle, gli artisti di strada e i suoi monumenti: il Palazzo Reale da un lato e il Nationaal Monument dall’altro, un obelisco in pietra alto 22 metri, dedicato alle vittime della Seconda Guerra Mondiale. Accanto al Palazzo Reale, sulla destra, l’affollata Kalverstraat, via dello shopping, sulla quale è sito anche l’Amsterdam Museum (all’epoca e fino al 2011 Amsterdams Historisch Museum).
Da quel momento e per i giorni successivi, fu tutto un susseguirsi di stupore ed emozioni, non solo dinanzi a monumenti e mostre, come quella di Rembrandt e del Museo di Van Gogh, ma anche nel notare l’armonia perfetta tra strade, canali e architetture, un fascino che pareva sprigionarsi da ogni angolo della città, per non parlare della gentilezza e incredibile tolleranza della popolazione.
Un vero paradiso in terra per Marcello che, dopo quel primo viaggio, al ritorno decise di scrivere subito all’ambasciata italiana per informarsi sulle possibilità lavorative. Non conosceva l’olandese, ma l’inglese sì ed era più che sufficiente, poiché ad Amsterdam era quasi una seconda lingua, perfettamente conosciuta da tutta la popolazione.
Fu così che da lì a poco, tornato tra i borghi di Forlì, nonostante la suggestività del fiume Montone il confronto con i grachten gli sembrò non reggere e decise di tornare in Olanda, dove trovò alloggio in Pieter Cornelisz Hooftstraat, che corrisponde un po’ ai parigini Champs-Élysées.
Tra i tanti luoghi della città che l’hanno colpito, certo Leidseplein dev’essere stato uno di quelli; è nota anche come “Piazza guazzabuglio”, perché molto affollata e piena di pub e locali frequentatissimi da ragazzi olandesi e turisti. Non solo, la movida non è l’unico motivo per recarsi a Leidseplein, qui, infatti, si trovano lo Stadsschouwburg, maestoso teatro in stile neo-rinascimentale, e il Melkweg, anch’esso sede di concerti e spettacoli.
Perché mai è sicuro che Marcello sia stato conquistato da questa parte di Amsterdam? È presto detto: il suo primo sogno di vivere qui, dopo poco più di un anno ha lasciato spazio a un altro sogno e Marcello Nucciarelli oggi è uno scrittore di gialli, ambientati, guarda caso, in Olanda. “Morte a Leidseplein” è il primo di una serie di romanzi aventi come protagonista Gretije De Witt, dapprima ispettrice e in seguito commissario della polizia di Amsterdam, la quale in questa sua avventura iniziale è sulle tracce di un assassino che ha preso di mira i camerieri dei ristoranti… italiani.
A seguire “Il segreto di Groningen”, altra delle città visitate e conosciute da Marcello, e “La pista portoghese”, più una recente raccolta di storie: “Siamo in ballo”. Qui, nel racconto “Italien-Holland Express”, è narrato, in forma un po’ romanzata sul finale, proprio quel suo primo viaggio in Olanda e l’autore dice di Amsterdam: “Non ho mai capito se a farmi innamorare furono l’architettura del secolo d’oro e le tele di Rembrandt o gli infiniti scorci da favola che catturano lo sguardo, oppure la mescolanza di razze che solca incessante strade e canali. O ancora l’acqua, sfondo onnipresente di qualsiasi paesaggio. Probabilmente fu tutto questo assieme; l’unica cosa certa è che sentii di appartenerle”.